L’abito fa il monaco: missione personale e identità professionale
In effetti a me capita, e in verità, ho smesso da tempo di pormi domande sul fatto che sia giusto o meno.. Succede, prendo atto, e mi va bene così… si, ma cosa, uno direbbe, giusto!? Succede che in una fase profonda di ascolto attivo, quella vera che vogliamo tutti, ovvero quando sei completamente concentrato e in empatia con la persona che da te si aspetta aiuto e supporto, cogli le sfumature di quello che stai ascoltando e senza poterlo impedire, le metti in relazione con qualcosa che riguarda te, non l’altro.
Succede, naturalmente, senza alcuna imposizione, dura qualche secondo poi svanisce, riportando l’attenzione, giustamente, sul tuo interlocutore.
Ma una delle ultime volte che mi è capitato, qualche giorno fa, queste suggestioni mi hanno portato domande, più o meno le stesse che io stavo ponendo all’altro.
Il punto in cui eravamo arrivati, parliamo di un coaching sulle prospettive di carriera di un alto profilo, riguardava la motivazione a intraprendere un determinato percorso professionale, in origine intendo, cioè quali erano le aspettative iniziali, perché avesse deciso di dedicarsi proprio a quell’attività, quali erano i valori guida che sostenevano le scelte e cose simili.
In quel momento, e per qualche attimo, mi sono trovato a dover rispondere alla stessa domanda: perché da vent’anni circa mi dedico alle persone che vogliono cambiare la loro vita lavorativa!?
Mentre il mio interlocutore meditava risposte completando una scheda io completavo la mia. Naturalmente la rivedrò, ma la risposta che in pochi attimi si è balenata come un flash, è che intimamente penso di essere sempre stato attratto dalla verità, che per quanto riguarda le persone si rivela molto di più quando ognuna di esse si spoglia dei ruoli dietro cui solitamente si nasconde.
Credo che un po’ questo riguardi tutti noi, a cominciare dal sottoscritto.
E’ facile sentirsi un coach, un manager, un insegnante, un dirigente, un politico, un attore, un poliziotto, un ispettore, un copywriter… ma quando questo finisce, che cosa resta? che cosa c’è dietro al ruolo professionale con cui ci identifichiamo?
C’è la persona, quella che appare nella sua fragilità, quando il ruolo viene meno, quella che accogli quando inizi un percorso di consulenza di carriera, di business coaching, di orientamento, di bilancio di competenze con chi, suo malgrado, ha dovuto dismettere l’abito che fino a poco prima gli dava sicurezza e un’identità confortevole in cui potersi riconoscere.
Ecco, in un attimo rubato al mio cliente, questo ho pensato.
Sarà una convinzione, ma di certo rafforza la mia motivazione, a continuare a fare questo bellissimo lavoro a contatto con la verità.
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